mercoledì 8 maggio 2013

COME LA SABBIA DEL DESERTO DA' VITA ALLA FORESTA AMAZZONICA


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Del deserto del Sahara si sa che un tempo era verde e lussureggiante, ma ancora oggi gioca un ruolo chiave nel ciclo della vita sul Pianeta.

Il mese di maggio è il culmine della stagione secca del deserto.
In questo periodo sono diversi i venti che spazzano il deserto: il Kamsin, il Ghibli, il Levante, l’Harmattan.

Questi venti giungono fino in Europa depositando la finissima polvere del deserto su ogni cosa.
Ma i venti del Sahara non raggiungono solo l’Europa e il Medio Oriente.

La sabbia del deserto calpestata dai dromedari, chiamata diatomite, è una roccia silicea di origine organica, formata milioni di anni fa, in ambiente lacustre o marino. 

Essa è il residuo fossile di microscopiche alghe della famiglia delle diatomee e del residuo di microscopici animaletti presenti nel plancton.

Le diatomee sono ricche di carbonato di calcio e diossido di silicio, mentre la micro fauna del plancton è ricca di ferro e fosforo, due elementi necessari a tutti gli organismi viventi conosciuti.

Ma la cosa ancora più eccezionale è che questi granelli di sabbia del deserto, in soli sei giorni alimenteranno la vita in una foresta tropicale a novemila chilometri di distanza.

Basta che un solo granello di diatomite si sollevi in aria per avviare il processo di rinascita.

Nella stagione secca, i granelli di sabbia del deserto, grazie alla costante erosione del vento e agli sbalzi di temperatura del deserto, si disintegrano in una polvere sottile che viene facilmente trasportata dal vento; ben presto l’aria diverrà satura di questa particelle microscopiche.

In questi ultimi dieci anni, grazie alla messa in orbita di satelliti quali il Meteosat e Terra, gli scienziati, che tengono sotto controllo il clima terrestre, hanno rilevato una circolazione di polveri quotidiana, come una nube che si solleva dal deserto.

La polvere si solleva puntuale come un orologio ogni giorno a mezzogiorno.

Quello che è iniziato come un processo a livello microscopico diventa una colossale tempesta di sabbia, alta come un palazzo di cento piani e larga centinaia e centinaia di chilometri, tipica in questa stagione.

La nube di antico plancton invade il continente africano.

Sulla costa occidentale la sabbia si solleva nell’atmosfera e comincia una traversata epica dell’Atlantico, sospinta dal vento dominante.

Il satellite mostra le quarataquattromila tonnellate di sabbia trasportate ogni giorno a migliaia di chilometri di distanza fino all’Amazzonia.

E’ proprio in queste nubi che sovrastano la foresta pluviale che l’antico plancton rinasce in un modo spettacolare.

I minerali contenuti nella sabbia si dissolvono nelle goccioline e cadono nella foresta amazzonica sottoforma di pioggia.

Le precipitazioni si abbattono incessantemente durante la stagione delle piogge riversando quarantuno miliardi di chili di sabbia africana sulla foresta sottostante.

Quello che un tempo era plancton ora penetra nel suolo e nelle radici degli arbusti rivitalizzando la foresta.

La fertilizzazione della foresta amazzonica compiuta dalla sabbia sahariana è rimasta invisibile all’occhio umano fino all’avvento del satellite “Terra”.

La strumentazione di questo satellite è talmente sensibile che è in grado di rilevare non solo la migrazione della sabbia sahariana verso l’Amazzonia, ma di misurare la crescita della vegetazione dallo spazio.

Ora è possibile osservare cosa succede al termine della stagione delle piogge quando torna il sole.

Per la prima volta dopo sei mesi i raggi del sole inondano la foresta; il risultato è un’esplosione di vita.

Per ogni foglia spuntata ne compariranno altre tre in soli dieci giorni.
Un’ondata verde dilaga nel continente.

La migrazione della sabbia del deserto del Sahara in Amazzonia è solo uno delle migliaia di processi simili che distribuiscono minerali vitali agli habitat di tutto il pianeta.

Deserti, montagne e antichi sedimenti; ciascuno ha una composizione diversa ed entra nella catena della vita in una miriade di modi.

Ogni suolo del pianeta dipende da questi processi.

Le grandi pianure del Nord America sono il risultato dei depositi glaciali, perfetti per la produzione di mais e frumento.

In Bangladesch, il delta del Gange è ricco di ferro eroso dall’Himalaia, un ingrediente essenziale per le piantagioni di riso.

Altri minerali vengono trasportati nell’aria, nell’acqua e nel ghiaccio su tutta la superficie terrestre, permettendo alla vegetazione di ridisegnare l’aspetto del nostro pianeta.



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